Pecios n.32 Il tuo nome vocale

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Il tuo nome vocale:

d’improvviso, un giorno, capita talvolta di sentire il suono delle parole dei nomi.

Il tuo solitario nascosto nella nebbia dell’allontanamento casuale del fato iracondo

è io che bacia la a nella i.

Non si nota prima, mai si fa!

Si nota dopo, sempre si fa!

E’ senso sonoro d’attimo, che divampa, nello spazio casuale nell’ira fatale.

Suono di nome che arriva nel senso d’intelletto piacere.

Richiama il ricordo di ciò che fu un tempo un sogno, destato, di raccordo tra pensiero

placido d’accordo di note.

Il tuo nome è vocale per l’amante dell’occhio tremante sul tuo nome.

Nel tuo nome è nel mio

buio silenzio d’anima,

lumicino di vita percepita

attimo, frammento di piccola eterna, impagliata gioia.

Ciò che manca è la chiave di consonante corsoia.

 

Pecios n.30 Giovani malinconie

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Tagliare è infinito, un taglio continuo e senza sosta

un taglio di botta un taglio di risposta.

Poi c’è il viso, e quel viso tagliato dal riso di un fottuto bambino.

Quel viso tagliato dal riso,

la gente in festa e la piazza s’impesta.

Quel viso tagliato dal riso di un fottuto bambino

in festa che scende in piazza e dilaga la festa.

 

Il taglio di vita, il taglio di un tema:

decidere da che punto analizzare un problema.

Un taglio mortale un taglio animale è

il riso un taglio di un viso in festa .

Un taglio speciale un taglio virtuale

Il viso, il viso tagliato dal riso ti manda in bestia,

ti manda in bestia, bestia.

Pecios n.31 A domani la vittoria

Diciamo sempre di aspettare domani prima di arrenderci; per qualche strano motivo ci siamo convinti che il domani sia migliore, venga incontro a braccia aperte per volerci bene. Chi ha mai detto che il domani ci voglia? Se non da oggi quello che a noi spetta perché dovrebbe farlo domani? Pensatici, l’oggi e il domani sono la stessa cosa: l’oggi è sempre il domani del giorno precedente

Pecios n.29 Lettera di un soldato 2/7

Carissima,

È da tempo che mancano mie notizie. lo so, perdonami.

Siamo ancora appostati sul monte, lo difendiamo da tutti e da tutto…Quanto vorrei lasciare tutto e andare via, lasciare tutti e tutto e sparire. E’ stato un periodo difficile per il battaglione; gli attacchi si sono susseguiti numerosi, non abbiamo mai avuto una notte di tregua. La notte, lei si che fa paura. Non so se riusciremo a respingere un altro assalto; le munizioni mancano e i rifornimenti pure. Se presto, non iniziamo a collaborare fra noi tutto sarà finito. L’individualismo regna, una delle sue forme peggiori sfortunatamente: l’avere è diventato l’essere.

Tre giorni fa nel pieno di un attacco nemico mi sono unito alla squadra di mitraglieri. Avevamo il compito di proteggere il fianco nord. Siamo corsi rapidi alla postazione, piantato l’arma abbiamo iniziato a sparare.

Le nostre raffiche erano intense, impazzite e roventi! Le munizioni finirono subito.  Abbiamo urlato al comando più munizioni, avevamo bisogno di più munizioni. Non potevamo più sparare. Eravamo soli su quel fronte.  L’unica cosa che abbiamo visto però è stata il resto del nostro battaglione lottare fra loro per avere più munizioni. C’era chi gridava che ne aveva troppo poche, come noi, altri, indignati, accusavano il comando di non averne mai avute abbastanza. C’era pure chi affermava di averne a sufficienza ma un ammontare in più non poteva fare altro che comodo. Loro erano i peggiori. Pistola alla mano, hanno aperto il fuoco sugli altri soldati, nostri fratelli, prendendo loro tutto ciò che potevano fuggendo poi, rapidi e svelti.

Maledetta Avarizia! Dove passi te lasci solo morte; chi ti ospita però muore altrettanto.

Noi siamo stati sopraffatti, molti sono morti. Il giorno successivo, i sopravvissuti, hanno trovato a fondo valle i cadaveri dei soldati fuggiti. Foro alla testa, l’anima era sparsa ovunque.

L’etica dell’essere pretende di divenire lo sguardo o l’intenzione dell’anima dal circolo centripeto dell’io, dove si presume risieda l’avere, alla persona stessa, dove si suppone stia l’essere, dando al contempo per stabilito che può esistere una persona senza ciò che le sta attorno.

L’Avarizia, mia cara, ci ha fregato: i fili che ha venduto, a noi altri, per cucire lo spacco tra noi e l’io si sono rivelati una pianta parassitaria avida di avere e di essere centripeto.

Se vivrò, tornerò. A presto.

P.S.

Ti lascio una mia foto. La mia testa in questa guerra esplode. A che fine?

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Pecios n.28 Sbaglio costante

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Penso che il più grande problema dei pensatori, il più grande errore, in vero, non sia altro che la sopravvalutazione. Loro sopravvalutano tutto. Il pensatore arrovella il cervello perché è, disperatemene illuso dal fatto che dietro ogni gesto, azione, parola, sentimento, esistenza, pensiero e ogni altra forma di espressione di vita intellettuale e/o reale debba pur esserci un qualche tipo di spiegazione. Per lo meno una indagine, autoreferenziale e critica, sulla consapevolezza della scarsa consapevolezza di tutto ciò. Il pensatore è paradossale perché illudendosi di trovare risposte, addita gli uomini quali ostacoli nella sua ricerca poiché, cechi e abbietti, sono distratti dalla coscienza della loro sinistra posizione nell’insieme esistenza. Allo stesso tempo confida che quegli stessi uomini possano seguire il suo percorso di ricerca. In altre parole, il pensatore pretende che chi è causa del suo male, giacché si attiene alle regole per le quali egli è; sia anche lo stesso “qualcuno” che è tenuto a raggiungere la consapevolezza ovvero la persecuzione delle leggi che caratterizzano ciò che egli è, a essere il male che esso stesso causa, a causa, delle leggi che, inderogabilmente e non alternativamente possibile, sono state seguite. Sopravalutare gli uomini è gran peccato. La risposta a ogni pensiero giace nella mente di chi l’ha formulata. La risposta è nulla e vuota, anzi, non esiste. Perché? Perché l’uomo è nullo e vuoto. Purtroppo esiste ma è tutta finzione.

Lo struggimento per un mondo incomprensibile è tempo sprecato, non per il mondo; quello è certo sprecato, per lo struggimento; tante energie non serve sprecare, meglio fare altro. Le emozioni, quelle, altro non sono che finzione: passeggero attimo di sensazione differente dallo stato normale delle cose riflesse nel fato, predestinato, inevitabile, di un processo distruttivo, naturale e inarrestabile.  È dato alle emozioni un nome, e delle caratteristiche, ma sono tutte uguali, tutte effimere allo stesso modo. Arrivano, ingannano, e spariscono. Chi le prova, fra l’altro, s’impressiona di subirne le conseguenze, quando, in realtà, nessun residuo di emozione rimane in nessun angolo cieco di percezione. Struggersi per loro? Follia.

L’amore poi è anche peggio, quello è il concetto più infido di tutti, più insincero di tutti. Oltre alla menzogna che porta, come l’inganno all’intelletto, è apaticamente vorace della disillusione altrui. L’amore è la finzione messa sotto contratto, con un tacito accordo, tra una reciproca percezione di sentimenti e sensazioni. L’amore finge, genuinità, come l’uomo finge di goderne. Sciaguratamente di pura costruzione artificiale sono composti.

Non esiste nulla! L’amore è solo l’immagine, desiderabile e ideologicamente, perfetta dell’aspettativa di come dovrebbe essere la percezione di una emozione. E’ solo un sogno in vero. Come tale, si esprime come solo viaggio di ansia; nient’altro. Svanito il sogno, la vista e i sensi riprendono il dominio. Per l’amore non c’è più spazio. L’amore svanisce mostrando il vuoto di cui è composto. Il tempo poi, suo compare, copre sempre tutto. Lui però, il tempo, non ha nessun interesse né in finzioni né in illusioni. Il tempo ricopre di nulla apatico, rassegnato all’immanenza di una costretta accettazione, ogni sorta d’inganno emozionale.

La sopravvalutazione non è la sola coinvolta nel processo di costruzione d’illusione, che conduce al disfacimento dell’identità esistenziale. L’idealizzazione segue, come placebo, il piacere di speranza dato dalla sopravvalutazione. È l’idealizzazione che mantiene viva la speranza; punto di raggiungimento, la speranza, idealizzata, cresce formandosi sul pensiero, astrattissimo, di come la speranza debba esprimersi e rivelare. La rivelazione del sogno è il massimo sunto di consapevolezza e idealizzazione.

Pecios n.27 Come numeri.

Gli uomini come i numeri scorrono, passano,s’uniscono ma non tornano più. Ciò che rimane è il ricordo di quello che furono.
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Pecios n.26 Lettera di un soldato 1/7

wp_20161119_00_13_27_proCarissima,

“Inutile discutere, d’accordo non saremo mai.” “ Che cosa c’è di strano in ciò?”

Dove mi trovo fa freddo molto freddo. Molti arrivano freschi di giorno ma tanti altri, di notte, se ne vanno.  Fa freddo e buio, buio pesto. Non si vede un palmo dal naso. Siamo arroccati su un monte da due settimane ormai. Il nostro avamposto è proprio a ridosso di un precipizio. Forse è per questo che molti, di notte, se ne vanno. Il buio pesto e la latrina, sul fondo del burrone, non giocano a nostro favore.Se solo l’avessimo scavata in cima al monte, ora, metà del nostro battaglione sarebbe ancora vivo.

Pigrizia, maledetta! Con te non si dialoga mai, i proiettili non ti uccidono neanche a volerlo.

Quanto hai intenzione di farci soffrire ancora?

Di tutti i nemici che abbiamo affrontato lei, la Pigrizia, è il peggiore: non lascia tregua e non da scampo. Mina tutti i nostri propositi, è sempre un passo avanti a noi. Ormai non comunichiamo più neanche fra noi, preferiamo tacere o lasciare le cose al domani. Generalmente il domani dovrebbe farle queste “cose”, questo è l’accordo, tacito, tra l’oggi e il domani. Eppure, anche il domani fallirà.

Ah Pigrizia infame!

Questo nostro stato ci ha lasciato muti e spaesati; gli ‘ordini faticano ad arrivare, tanto domani arriveranno, le postazioni sono vuote perché nessuno si alza mai in tempo e le guardie dormono, sempre.

L’altro giorno il mio plotone è stato mandato all’avamposto numero tre: quello più bello, dove, lontano dalla prima linea, si ritrova il senso del tempo perso. Sdraiati e assopiti, di notte, la Pigrizia, ha sferrato un attacco ferocissimo. Presi di soprassalto siamo corsi, fucile in mano, alle torri di difesa. Abbiamo acceso la notte di fuochi, scoppi, saette guizzanti da tutti le parti. Il frastuono dei nostri colpi ha fatto tremare la montagna.

“Non si aspettava una risposta così immediata, guarda come scappa!” abbiamo tutti noi pensato deridendo la Pigrizia.

Poveri illusi noi…Attenti alla mira del colpo, centro perfetto, nel cuore nemico, ella, la Pigrizia, aveva già colpito. Noi, beati, sdraiati, sui letti di piaceri artificiali, come ristoro, dalla battaglia, non ci siamo neanche ricordati di scrivere ai nostri cari. Quella, era, la prima occasione che avevamo di farlo dopo giorni di silenzio. Dimenticati. Non comunichiamo più, non lo facciamo più.

Tu, mia cara, riceverai questa lettera dopo chissà quanto tempo. Chissà se ancora ti ricordi di me. Tu lo sai, la guerra non è ancora finita; se combatto in questa guerra, lo faccio solo per te. Tu, qui, non potresti stare.  Tu, lì dove stai, sei così felice e bella. Privarti di ciò sarebbe peccato mortale. Tu meriti tutto questo, tu meriti il mio dolore per la tua felicità.

Se vivrò, tornerò. A presto.

P.s

Ti lascio una  mia foto. La guerra cambia l’anima.

Pecios n. 25 Punto Fisso

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Tu sei punto fisso,

chiodo dolente d’anima,

ardente spirito.

 

Io, come uccello in volo

privo d’ali, prigioniero,sono

d’amore fisso, punto di canto

per te che amo.

 

Io prigion, tu prigion,

dell’anima, mia, dolente

di sorte morente.

 

In questo è differente

la mia sorte dolente:

non c’è motivo di essere,

volo; canoro.

 

Tu sei punto fisso,

io cantando,

per te muoio.

L’occhio Vispo sotto attacco.Censurato per la verità che mostra.

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Uno sconsolato Poeta Plagiatore osserva il suo Pecios rimosso inaspettatamente.

Un fatto che ha dell’incredibile è accaduto alla redazione dell’Occhio Vispo. Nella giornata del 15 novembre 2016 la redazione è stata vittima di un vigliacco attacco di censura. Il Pecios n.24 è stato rimosso dalla pagina Facebook  per due volte consecutive alla totale insaputa dello staff.

“Avevo appena consegnato il mio lavoro in redazione. Il Pecios n.24 era pronto e pubblicato. Poco dopo ricevo una chiamata dalla redazione, allarmata, dalla sparizione del Pecios dalla pagina Facebook” Ha dichiarato il Poeta Plagiatore, autore dei Pecios, profondamente scosso dai fatti occorsi.

Sospettando, inizialmente, che fosse solamente un problema tecnico, la redazione ha provveduto immediatamente a pubblicare il N.24 una seconda volta. Meno di un’ora dalla sua seconda pubblicazione il Pecios era, però, già stato rimosso.

“La redazione era nel panico, non riuscivamo a capire cosa stava accadendo. Tutto pareva normale, i commenti erano stati lasciati e la pagina anche condivisa. Per un periodo quel Pecios è stato pubblico, poi è sparito improvvisamente con tutti i likes e commenti” ha raccontano un preoccupatissimo Scamù

Solo dopo un accurato intervento informatico di protezione la falla è stata risolta. Circa 24 ore dopo l’attacco di censura, il sistema di pubblicazione è tornato alla normalità. I segni dello spavento, e del biasimo, sono ancora presenti nella redazione. Ha così commentato Scamù, di recente promosso direttore della redazione.

“E’ stato un vile attacco alla libertà di pensiero. L’Occhio Vispo fa paura a tanti e turba i cuori perché dice il vero. L’Occhio Vispo non teme di spezzare i preconcetti e le falsità assodate. Smascherare i grugni sotto i finti sorrisi è il suo compito. E’ ben chiaro che questo non piaccia a tutti. Più volte abbiamo ricevuto minacce dalle lobby dell’Amore. Ci accusano che il nostro operato non faccia altro che mettere in cattiva luce l’Amore e l’istituzione legata ad esso. Noi non ci fermeremo mai”

Al momento nessuno ha rivendicato lo sciagurato attacco; tutto pare essersi risolto. La redazione prevede però che in futuro che gli attacchi possano diventare sempre più pesanti e insistenti. La redazione si è dichiarata pronta ad affrontare ogni evenienza  con malinconia e sonori pianti.

Scamù

Pecios n.24 Questo te lo devo

wp_20161111_00_27_55_proTi ringrazio, questo te lo devo almeno.

Che rammarico però…Tu, musa, certo lo sei stata, tu, di parola poetica, sei stata complice, tu, un sorriso nascosto e inaspettato, un sogno d’illusione li hai, a modo tuo, creati sul mio volto e nei miei pensieri.

Che rammarico però…Gli attimi, come uno di quelli che tu sei stata, è stato brevissimo e bello. Bellissimo? No, non mi sbilancio così tanto, rovinerei tutto. E’ stato un attimo semplice, casuale non costruito; gli ‘attimi più belli sono quelli.

Cosa rimane di esso? Ora?

Che rammarico però…Avrei voluto scrivere qualche poesia in più pensando a te, a ciò che sei e rappresenti. Magari una di quelle, bruttine e un po’ arrangiate, poesie, tra rabbie e dispiaceri, avrebbe portato il tuo nome. Niente di nuovo certo, non credere; è  stato già fatto e verrà fatto. Pensa però, che bello sarebbe stato. Forse più gratificante per me che per te: tu avresti dovuto trattare con l’imbarazzo.

Queste sono solo parole, nient’altro che parole. Poverine, rimarranno vuote.

Forse è meglio così. Tu e io non saremmo mai andati d’accordo. Io, ho le mie favole, il mio fingere poesia e il mio vano tentativo di incastrare i pensieri coi sentimenti. Tu, tu hai semplicemente la tua vita; io, non ti porterei mai nel mio mondo; non saresti a tuo agio.

Che pena mi faccio, quanto arrogante sono.

Che rammarico però…