Pecios n.61 Novelle di un novizio 8/10 Cresce

WP_20170526_00_30_00_ProTu bestia, piccola bestia. Seduto sul fondo del pozzo del mio cuore, lacero, immerso in quella matassa di parole che vorrei dire ma che mai dirò, mi ritrovo a guardarti. Osservo i tuoi percorsi sui fili insicuri del viaggio. Ti vedo ondeggiare e nell’attimo della perdita d’equilibro mi accorgo del tuo correre verso di me.

“Che vuoi? Chi sei?” continuerò a chiederti, “ciao” tu mi rispondi.

Le forme stampate dal pianto le conosco bene: cicatrici atroci di sofferenza. Tutte le forme, a guardarle bene, non sono altro che linee, curve e geometriche combinazioni. L’anima cosciente di esse è figlia del nostro inarrestabile pensiero. Un flusso rumoroso, immersivo, dispersivo e irrimediabilmente commuovente di vita. Le forme, nei loro tratti, assumono l’aspetto dei ricordi e i sentimenti germogliano; improvvisamente il muro cede e si apre quanto basta nello spiraglio di un foro. “Ho un foro nel mezzo e la luce passa attraverso”

“Bestiaccia” vorrei urlarti, “canaglia” vorrei gridare. Vorrei solamente dirti cose…Tenerezza

Forse doveri solo imparare ad ascoltarla questa Bestia. Che bella Bestia, inizio quasi ad amare l’odio che provo per te. Io, si sa, sono pur sempre un drago.  Bestia, copri gli occhi! Non guardarmi più così, non usare più quello sguardo altrimenti il pianto mi coglie. Maledetti occhi, maledetta tu! Non temere però, loro crescono e le radici s’ingrossano. Te lo dico oggi per non dirtelo più?

Pecios n. 60 Esco presto.

WP_20170520_01_17_02_Pro

Stato d’attesa s’attende

Tu immersa attendi

Un attimo è stato.

Stato passato dell’attimo atteso

ora, sostantiva, del calore noioso.

Esco, vado e trono. Dove ? Torno? Non lo so.

Esco, fuggo, mi annoio.

Esco presto per non soffrire

Esco si; ti osservo. Provo pena.

Presto torno in dietro per capire

Capirò mai?

Esco, non resisto. Non fingo

A modo mio felice.

Pecios n. 59 Eppure basta poco

WP_20170505_00_29_44_Pro 1Giunto sul bordo sono pronto a saltare. Non lo nego ho paura.

“Salto!” urlo “Mi getto, mi lancio” ripeto.

Non salto, sono ancora qui. Ho paura, tremo e un po’ piango. Non troppo, quello mai. Quanto basta per una piccola macchia bagnata sulle mani.

“Allora salto!” ripeto e mi ripeto.  “Servirebbe una aiuto, una certezza forse” rifletto sul mio timore.

Scorgo una mano nella nebbia del mio tremare, timido, geloso e insicuro. Guardo la mano e corro su lungo il volto. Rimane lì; mi guarda si e mi guarda no. “Cos’è? Uno scherzo? Che sono io inesistente? Un tassello  ora integro e domani rotto da cambiare? “ mi domando.

Basta una mano. Non una spinta, una stretta con la mia. Basta un abbraccio. Non di addio ma di conforto. Volto e mano rimangono lì. “Perché non si muovono? Si muoveranno mai?”. Il salto è difficile.

“Ci siete? Dove siete? Vi perderò?”  domando in lacrime alle emozioni “una vita senza voi? Impossibile!”

Sul bordo devo essere ottimista ma la vita mi sfugge. Di lei non mi importa più di tanto, della mia anima si. “Chi le vorrà bene quando io non potrò?”

“Si sentirà sola e morirà!”. A questi pensieri tutte le parole corrono in mio aiuto: una carica di cavalleria nel sorreggere la mia agitazione. Come possono, mi consolano e tengono compagnia alla mia anima che già si crepa. Che pena mi fa. Tutta sola, là timida che aspetta. La scambiano tutti per un anima arrogante ma ha solo vergogna e paura. Ha così tanto da dare.  Spero che non rimanga sola.

“Allora salto? Un abbraccio prima?” domando a quel volto enigmatico.