Pecios n.88 Sono tre i mondi senza fine 2/3

digEsistono mondi infiniti senza spazio né confini, senza luci e senza ombre; solo permane infinito essere.

Sono tre i mondi infiniti: il tormento, il grande assente e l’irrimediabile io.

Il grande assente

Il suo nome non esiste: ogni elenco è vuoto; né targa, targhetta o cartellino si macchia delle sue lettere. È l’assente muto, il silenzio dopo il richiamo. Non c’è, è svanito, sparito…Andato via in un giorno di sole qualunque senza i frastuoni della tempesta come il suo nome evoca e ha evocato.

Semplicemente assente questo mondo senza fine lascia da solo il superfluo, l’onirico il desiderio. Le lacrime seccano e cadono zuppe di aridità in una landa deserta e desertificata. Le lacrime un tempo umide diventano ora fragili granelli di sabbia che arano il tempo. L’assenza aumenta; il grande assente è sempre lontano; lontano ancora si vedono le orme di ciò che un tempo deserto non fu; ma fiume e salice per un amore- che si chiama e si cinta di troppo- tra il pianto e il suo scorrere. Nel letto di quel fiume tutto ha inizio: inondato, straripato, levigato fino alla polvere e in fine prosciugato.

È il grande assente che non torna e lui stesso non ritorna

perché ora il sole è alto nel suo mondo e la veglia si desta;

lui, l’assente, rimane assonnato nel sogno.

Il volto baciato dall’aria arida del deserto lo chiama ogni giorno del giorno.

Vive solo nell’eco di una risposta in una lacrima di sabbia che gratta i vasi dell’occhio e con il sangue cade.

L’amore anche oggi non torna.

Pecios n. 87 Sono tre i mondi senza fine 1/3

IMG_20171003_225021Esistono mondi infiniti senza spazio né confini, senza luci e senza ombre; solo permanente infinito essere.

Sono tre i mondi infiniti: il tormento, il grande assente e l’irrimediabile io.

Il tormento

Arcano, antico e austero è il grande scoppio dell’intreccio dell’incerto in una storia – e per una storia- incompresa, fine a se stessa senza morale.  La tormenta di questo mondo travalica ogni ancora, serena, di luci lasciando spazio alle sole ombre le quali, logorate, consunte, consumate, sfinite ed esauste perdono  d’adombrare il poco del mondo conosciuto lasciandosi svanire nel steppa- dell’orizzonte perso- che questo mondo ricopre.  In queste terre l’uomo è inerte e il pensiero regna incontrastato; l’azione muore e la parola non ha sostanza né costanza nel significato. Oggi tratto relativo infrange la quiete, tutto in bilico precipita nei vortici degli spasimi e dei peggiori turbamenti per una mente mai calma. Il tomento è il grande essere d’infinita incertezza per una speranza, inconsapevolmente, dissolta in una eterna guerra di amarezza e delusione.

Chi abita questo mondo non può evadere, non esiste una via maestra verso la pace né una fuga efficace. Le strade percorse sono infinite e tutte ritornano in quella steppa. L’aria di quelle parti inebria l’anima e la distrugge: assuefazione al caos. Permane una sola certezza che il tomento non cessa. È un mondo infinito nel quale perdersi, sognare di scappare ma sempre e per sempre tornare.

Pecios n.86 I volti di me

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In cosa credere o sperare?

Sono mille i volti di me riflessi nel volto degli altri.

Finito e infinito

spazio d’azione e parola apparente, posta e preposta

come luce sempre uguale.

Riflessa, deflessa, incurvata la goccia dalle due dune

posa, rosse,

di dolore

anelito di confusione; un accordo d’inganni senza nomi

nelle trame di una toppa tra una mostra e una recita.

Il sipario su se stesso tradisce l’attore

vanifica ogni altro volto.

Sono mille i volti di me in una sola contorta anima.